Cuncordu de Cuglieri




La tradizione orale della polivocalitą di tutta l’area del Montiferru giunta sino a noi, ha tra i suoi tratti più tipici la duplicità dei repertori. Parallelamente ai canti religiosi, vengono coltivati canti profani tra loro affini per gli esiti armonici, l’emissione vocale e lo stile complessivo, specialmente evidente nel comune sviluppo melismatico. Sono meno frequenti, nei componimenti profani, le pause espressive tra i diversi grumi polivocali così drammaticamente marcate in quelli religiosi. E’ notevole osservare che Miserere e Stabat Mater si incentrano su tre voci, con l’aggiunta intermittente di un quarto cantore, tenore falzu, mentre tutto il repertorio profano è incentrato sulle tipiche quattro voci della polivocalità sarda. (Pietro Sassu – Booklet “Confraternita delle voci–Cuglieri” – Nota Udine 1995)
Il repertorio profano attinge i testi dalla letteratura in lingua sarda con netta prevalenza di poesie d’amore. Evidenzia le tradizioni di una comunità a vocazione tipicamente agro pastorale. Qui la donna è rappresentata nei suoi molteplici aspetti come ad esempio in “Sa Murinedda” (La morettina) dove opportunismo e vanità sono i caratteri salienti. Oppure la drammatica “Oghe Longa” caratterizzata dalle frequenti trasposizioni armoniche ascendenti e dall’effetto quasi onomatopeico sulle parole turbine e tumultu violentu, dove troviamo sentimenti di passione e di solitudine o in “Ite Bella chi ses” dove si esalta la bellezza, tipica arma femminile, che affascina persino un serpente. Nei canti ”S’anzonedda”, “Sa cumpagna”, “Sa macumeresa” e “Ottava Trista” troviamo altri caratteri distintivi come l’età dell’adolescenza ricca di curiosità e di energia vitale, la figura e il ruolo della moglie (preziosa più dell’oro) e lo sconforto di un amore sfortunato e di tristi ricordi. Il canto Filonzanas (le filatrici) uno dei lavori femminili pił tipici sottolinea invece quegli aspetti di povertà e umiltà che rafforzano il carattere di fierezza e di dignità tipico delle donne sarde. Il testo del Canto “Santa Maria” proviene da una leggenda popolare che il poeta estemporaneo Tatanu Curcu traduce in versi. Il brano è stato realizzato in occasione di una cerimonia per il centenario della nascita del poeta (1902-2002) e il coro adatta al testo la stessa melodia, nella medesima tonalità, del brano “Cantu ’e Flora”. (Mariano Meloni – Booklet “Cantu ’e Flora” – Cuncordu 2004)

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