Un coro di musica antica, tradizionale, polivocale, di sole voci maschili, che riproduce il canto dei pastori sardi; sembra provenire dalla notte dei tempi, poi riecheggiare la musica colta di tradizione religiosa, medievale, per come è arrivata in Sardegna, allora, per vie sconosciute e misteriose, le vie dei canti…. Il Coro di Cuglieri, di quattro voci, di soli uomini che si dispongono al centro della scena, è oggi in Sardegna uno dei rari esempi della resistenza e della fusione della tradizione del canto detto a “tenores” in Barbagia e di quello della Settimana Santa delle confraternite, condotta con la fedeltà massima e come con sacralità, con tutto l’arcaico alle spalle, e l’innovazione della musica liturgica europea tardo medievale passata al filtro dell’antico.
Sale sull’altare delle chiese su Cuncordu di Cuglieri più volentieri che sui palchi, e nei teatri, e va per antichi santuari, senza microfoni; ha accettato di riprodurre in questo solo modo, in questi contesti, i canti che solo la comunità e i muri delle case dell’alto paesone di montagna sentivano in silenzio da secoli alla vigilia di Pasqua.
Riproduce la liturgia della Settimana Santa che Cuglieri conserva con pochissimi paesi dell’isola.
![Su Cuncordu in una processione del venerdi santo – 1992](img/cuncordu92.jpg)
Canta lo Stabat Mater e il Miserere disponendosi a semicerchio, come nel paese alle processioni di quei giorni intensi, di dolore e di festa: “su bassu” al centro, alla sua sinistra “su contraltu”, alla destra “su tenore”che conduce la melodia, e poco più in la “su tenore falzu”, che si aggiunge a intermittenza, alla ricerca della quinta voce, che è il prodotto armonico delle quattro, l’incanto, quando l’intesa è al culmine. Si canta camminando a Cuglieri nelle salite ripide verso la Basilica alta sul colle, con lunghe pause per rifiatare, ed è come se si concentrasse in questo gioco di pause e di melodie lo spirito della Sardegna, l’anima della comunità il vuoto e il pieno dell’isola, di bellezza e sofferenza, il dramma, l’estasi. La gioia, anche.
Perché il Coro di Cuglieri attinge anche dalla tradizione profana , del cantare dei pastori a festa. Ma è come se su questo antico repertorio che i sardi delle zone più interne interpretano come ossessivamente, qui si fosse insinuata qualche variazione colta, nella polivocalità più mossa, nei testi dell’oralità di
questa parte dell’isola dalla società più articolata e dalle aperture più vaste, e della letteratura sarda delle poesie d’amore.
Questo è il Coro di Cuglieri “Su Cuncordu”, quello che si può dire con le parole, perché è una scena da vedere e vivere mentre si produce nelle vie strette del paese, da ascoltare assorti nelle occasioni nelle quali si può farlo, altrove.
(Umberto Cocco – Audiolibro “Te Deum laudamus”, Ed.Frorias 2008)